Approfondimenti

Welfare aziendale: a che punto siamo? I risultati dell'8° edizione del Welfare Index PMI 2024

04 Settembre 2024

Il Rapporto Welfare Index PMI è l’indagine promossa da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la partecipazione di confederazioni come Confindustria, Confagricultura, Confartigianato e Confcommercio.

Il Rapporto, arrivato all’ottava edizione, indaga il livello di welfare aziendale delle Piccole medie imprese (PMI) italiane. Hanno partecipato all’ultima edizione 6.914 aziende dislocate su tutto il territorio nazionale, di varie dimensioni (la maggior parte, oltre il 70%, sono aziende che hanno tra i 10 e i 50 dipendenti) e appartenenti a diversi settori produttivi (industria, commercio e servizi, studi e servizi professionali, artigianato, terzo settore e agricoltura).

Indice di welfare index PMI e punteggi

L’indice di Welfare Index PMI è una misura sintetica del livello di welfare aziendale raggiunto da ogni azienda che ha partecipato alla ricerca.

Il Welfare Index considera 159 indicatori relativi a 10 aree di intervento del welfare aziendale, che sono:

  1. previdenza e protezione

  2. salute e assistenza

  3. conciliazione vita-lavoro

  4. sostegno economico ai lavoratori

  5. sviluppo del capitale umano

  6. sostegno alle famiglie per educazione e cultura

  7. diritti, diversità e inclusione

  8. condizioni lavorative e sicurezza

  9. responsabilità sociale verso i consumatori

  10. welfare di comunità

Per ognuna di queste aree vengono elaborati indicatori relativi a 3 misure:

  • iniziativa (86 indicatori)

  • capacità gestionale (30 indicatori)

  • risultato e impatto sociale (43 indicatori)

Ad ogni azienda, in base al livello di welfare aziendale raggiunto, è stato dato un punteggio: da un massimo di 5W - Welfare Champion, ottenuto da 142 imprese, caratterizzato da alti livelli di iniziativa, di capacità gestionale, impegno economico e impatto sociale, fino ad un minimo di 1W - Welfare Accredited, ottenuto da 1.332 imprese, che si trovano in una fase iniziale di sviluppo del welfare aziendale.

Il welfare aziendale: perché è così strategico?

Nel 2016, a seguito della legge di stabilità e successivi decreti, si comincia a parlare in maniera strutturale di welfare aziendale. A otto anni da quella data, si può ritenere che il welfare aziendale abbia fatto molta strada.

Gli strumenti di welfare aziendale permettono una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, facilitano la conciliazione tra la vita lavorativa e quella personale e promuovono pari opportunità tra uomini e donne sul posto di lavoro. Quest'ultimo aspetto è particolarmente importante soprattutto per un Paese, come l’Italia, in cui c’è un gap occupazionale importante tra uomini e donne e tra donne con e senza figli.

Il welfare aziendale, inoltre, grazie alla maggiore flessibilità lavorativa offerta, consente di far fronte al lavoro di cura nei confronti degli anziani, che rimane sostanzialmente a carico delle famiglie. E poiché il nostro Paese sta andando incontro ad un graduale invecchiamento della popolazione, il welfare aziendale si rivela, ancora una volta, uno strumento strategico per far fronte a questo bisogno di cura emergente.

Il welfare aziendale rispondendo a numerosi bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie è in grado di migliorare il benessere dei lavoratori. E un maggior benessere dei dipendenti ha ricadute positive anche sulla crescita e sulla produttività dell’azienda.

Il livello di welfare aziendale delle PMI

Prendendo in considerazione le iniziative nelle 10 aree di welfare e i tre indicatori (iniziativa, capacità gestionale e impatto sociale), emerge che il 25,5% delle imprese partecipanti è ad un livello iniziale di welfare aziendale, la maggior parte, pari al 41,2%, si trova ad un livello medio, il 24,3% ad un livello alto e il 9% raggiunge un livello molto alto.

In questi otto anni le imprese che hanno raggiunto un livello elevato (alto o molto alto) di welfare sono triplicate, passando dal 10,3% al 33,3%, mentre quelle che si trovano a livello iniziale si sono dimezzate, dal 48,9% al 25,5%.

Per quanto riguarda l’ampiezza, cioè il numero di aree del welfare aziendale in cui le imprese svolgono almeno una iniziativa, si evidenzia che il 9,1% ne attua almeno una in 8-10 aree, il 18,7% è impegnata in 6-7 aree, il 45,1% ne realizza almeno una in 3-5 aree, il 61,8% ne mette in pratica almeno una in 1-2 aree, mentre il 4,2% non prevede iniziative in nessuna area.

Con riferimento all’intensità, cioè al numero complessivo di iniziative, si rileva che l’8,2% ne introduce oltre 15, il 25,9% ne attua tra le 6 e le 9, mentre il 4,2% non realizza nessuna iniziativa di welfare aziendale.

Le aree più mature del welfare aziendale sono: conciliazione vita-lavoro, salute e assistenza, previdenza e protezione, tutela dei diritti, delle diversità e inclusione delle persone fragili. L’area meno matura è quella del sostegno alle famiglie per la cultura e l’istruzione dei figli.

Fonte: Welfare Index PMI 2024 - https://www.welfareindexpmi.it/wp-content/uploads/2024/06/WIPMI_Rapporto_2024_Digital.pdf

Welfare aziendale: valori, conoscenza e comunicazione

La consapevolezza della centralità della salute e della sicurezza dei lavoratori sono i principali valori che motivano le iniziative di welfare. Tra gli obiettivi da raggiungere ci sono il miglioramento della soddisfazione dei dipendenti, l’aumento della produttività e la fidelizzazione dei lavoratori.

Per quanto riguarda la conoscenza, il 30,7% delle imprese conosce bene le norme e gli incentivi fiscali del welfare aziendale, il 43,2% lo conosce in modo generico, mentre il 26% non ha nessuna conoscenza.

Un fattore che condiziona il successo del welfare aziendale è sicuramente il coinvolgimento dei lavoratori, che riguarda circa il 41% dei dipendenti e che nella maggior parte viene realizzato con incontri e indagini informali.

La comunicazione delle iniziative di welfare ricopre un ruolo fondamentale, ma solo il 34% delle aziende comunica in modo costante le azioni intraprese (64,3% nelle aziende con livello di welfare alto e 18,7% nelle aziende con livelli di welfare bassi), mentre il 26,4% comunica poco e il 39,4% non comunica in nessun modo. 

Per quel che riguarda la figura che si occupa di welfare all’interno delle aziende, nella maggior parte dei casi non esiste una figura specialistica dedicata e anche l’utilizzo di professionisti esterni è molto limitato. Il più delle volte (73,5%) chi decide le politiche di welfare è il capo dell’azienda, a volte (7,9%) è il responsabile amministrativo, in altri casi è il Direttore generale (4,1%) o il capo delle risorse umane (3,5%).

I lavoratori che gradiscono molto il welfare e lo utilizzano sono il 41,9%, quelli che lo gradiscono abbastanza e lo utilizzano meno di quanto potrebbero sono il 26,4%, mentre quelli che preferirebbero avere denaro in busta paga anziché i servizi di welfare sono il 31,6%.

 

Approfondimento: le prime tre aree di welfare per tassi di iniziative

Conciliazione vita-lavoro

Il gap occupazionale tra uomini e donne ha raggiunto i 17,9 punti percentuali. Le donne, oltre a lavorare meno, sono anche pagate meno dei colleghi uomini: le retribuzioni delle donne sono mediamente inferiori a quelle degli uomini di 20 punti percentuali. Inoltre, mentre i tassi di occupazione maschile non risentono della paternità, quelli delle donne diminuiscono con la maternità e con l’aumento del numero dei figli.

Il tasso di occupazione di uomini senza figli è del 76,7%, quello delle donne del 66,3%; dopo il primo figlio diventa dell’88,3% per gli uomini e del 62,2% per le donne, al secondo figlio sale l’occupazione maschile al 91%, mentre scende ancora quella femminile arrivando al 58%. Con l’arrivo del terzo figlio l’occupazione maschile rimane tendenziale uguale (86,2%), ma quella femminile scende addirittura al 40,5%.

Tasso di occupazione uomini e donne con e senza figli

  senza figli           1 figlio            2 figli             3 figli             
uomini                 76,7% 88,3% 91% 86,2%
donne 66,3% 62,2% 58% 40,5%

Fonte: Rielaborazione su dati Welfare Index PMI 2024

Una migliore conciliazione della vita lavorativa con quella privata favorisce, il più delle volte, anche una maggiore parità di genere sul posto di lavoro. Le imprese con un livello di welfare alto, rispetto a quelle con livello iniziale, impiegano più donne. Inoltre, si registra un aumento di donne in ruoli di responsabilità nelle aziende che hanno livelli alti di welfare.

Molte imprese, a partire dallo scoppio della pandemia, hanno adottato un modello ibrido di lavoro, con maggiore flessibilità oraria. Il 56,4% delle PMI raggiunge in questa area un livello medio e il 48% un livello alto. Tra le misure di welfare adottate in questo ambito ci sono: flessibilità oraria oltre gli orari stabiliti dal contratto collettivo, smart working, lavoro a distanza e misure a sostegno della genitorialità come convenzioni per asili nido, scuole e doposcuola.

 Salute

Le principali caratteristiche della sanità italiana sono:

  • la migrazione sanitaria, soprattutto dalle regioni del sud verso quelle del nord, in primis Lombardia

  • un'importante quota di spesa out of pocket (di tasca propria), che ha superato i 39 miliardi nel 2022

  •  il contributo dei servizi privati alla medicina di prossimità (la quota dei privati nelle strutture territoriali è passata dal 39% nel 1998 all’attuale 56%)

  • il divario di salute tra le famiglie ad alto reddito, che fanno più visite, più esami diagnostici e vanno di più dal dentista rispetto alle famiglie a basso reddito

  • la rinuncia alle prestazioni: nel 2022 il 47,9% delle famiglie ha rinunciato alle prestazioni sanitarie. Si rinuncia principalmente per questioni economiche, ma anche per i ritardi nelle liste di attesa, per difficoltà di accesso alle prestazioni e in parte per un’offerta inadeguata alle attese

La salute è un’area rilevante del welfare aziendale ed è in grado di dare risposte ai bisogni sanitari e di assistenza, attraverso coperture assicurative, servizi di prossimità e servizi per la cura degli anziani.

Le iniziative di welfare aziendale in questa area riguardano due ambiti:

  1. la sanità integrativa, con coperture sanitarie fornite da fondi sanitari o polizze sanitarie. Le aziende che attivano almeno un’iniziativa di sanità integrativa sono il 43,4%. Il 75,5% delle iniziative di sanità integrativa sono attuate in applicazione del CCNL, nell’8,8% dei casi la fonte istitutiva è il contratto integrativo o un regolamento aziendale, mentre nel 15,7% si tratta di una scelta unilaterale dell’azienda. I fondi sanitari di categoria hanno raggiunto il 31,3% delle PMI italiane. Inoltre, nel 10% le imprese offrono polizze sanitarie aziendali aggiuntive
     
  2. i servizi di assistenza sociosanitaria, come i servizi di prevenzione, i check-up l’assistenza per gli anziani non autosufficienti, i consulti a distanza, le campagne di vaccinazione. Le aziende che attuano almeno un’iniziativa in servizi di assistenza sono il 38,8%. La maggior parte (55,3%) delle misure sono attuate in applicazione del CCNL, in parte minore derivano da contratti integrativi (15,4%) o da una decisione unilaterale dell’azienda (29,3%)

Previdenza

L’Italia sta attraversando una fase caratterizzata da uno squilibrio demografico causato dall’invecchiamento della popolazione e dal crollo della natalità.

Questo squilibrio demografico si ripercuote negativamete sulla sostenibilità del sistema pensionistico.

La diminuzione del tasso di sostituzione futuro (rapporto tra l’ammontare dell’assegno pensionistico e l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore) aumenterà il rischio di avere anziani poveri. Già oggi le pensioni per molti anziani sono inferiori ai 1.000 euro o addirittura ai 500 euro. 

La previdenza complementare consente di integrare la pensione pubblica e permette di innalzare di alcuni punti percentuali il valore del proprio tasso di sostituzione atteso.

Gli iscritti alla previdenza complementare, secondo gli ultimi dati Covip, sono circa 9,6 milioni, pari solo al 36,9% dei lavoratori. Inoltre, di questi quasi 10 milioni di aderenti, solo 6,7 milioni versano regolarmente contributi ad un fondo pensione.

Il welfare aziendale può contribuire ad aumentare la partecipazione alla previdenza complementare dei lavoratori. 

Nella maggior parte dei casi (56%) si tratta di iniziative legate all’applicazione dei CCNL, ma ci sono anche casi (44%) di iniziative autonome delle aziende realizzate tramite contratto integrativo, regolamento aziendale o per decisione unilaterale dell’azienda.

 

Per approfondire visita il sito del Welfare Index PMI e scarica il Rapporto 2024

 

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